Santi Mamete e Agapito in San Mamete

La chiesa, posta a lago, è la più antica della Valsolda, documentata per la prima volta nel 932 d. C., quando venne citata in un contratto. Inizialmente la chiesa era dedicata soltanto a San Mamete, dedicazione non casuale, essendo il santo un pastore e così pure la maggior parte degli uomini valsoldesi. Attorno all’anno Mille la chiesina fu riedificata in stile protoromanico, divenendo forse gemella della chiesa di Santa Margherita sull’altra sponda del Ceresio. Il campanile è oggi il segno più tangibile dell’epoca romanica, edificato fra l’XI e il XII secolo, in pietre squadrate e affilate a cinque piani, aperti verso Sud, con feritoie sui primi quattro e monofore all’ultimo e scandito da decorazione a dente di sega o dente di lupo. Sopra ciascuna apertura ci sono archetti ciechi. Il culmine è il tetto a cono di influenza nordica, la cui unica similitudine è visibile a Laino. Nel corso del XIII secolo vennero scolpiti i peducci ed archetti pensili ancora visibili sul lato meridionale del campanile. Durante questo periodo, la chiesa di San Mamete era alle dipendenze della Pieve di Porlezza entro cui è citata dapprima come “cappella”. Nel 1390 venne dipinto l’affresco gotico sulla parete di fondo che rappresenta la Madonna col Bambino che benedice San Mamete. In questo periodo la chiese assunse forme gotiche, di cui rimane ancora un’archettatura sottogronda in cotto visibile all’esterno. Nel 1470 la chiesa fu consacrata dal cardinale Stefano Nardini e dedicata ai Ss. Martiri Mamete e Agapito, ma fu eretta in parrocchia soltanto nel 1540 e divenne la matrice di tutta la Valsolda. I grandi cambiamenti architettonici che portarono la chiesa alle forme attuali avvennero su disposizioni di San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano e Signore della Valsolda, che dispose un adattamento dell’edificio ai canoni del Concilio di Trento, a partire dagli anni ’70 del Cinquecento. Terminato l’esterno, alla prima vista pastorale dell’arcivescovo Federico Borromeo nel 1606 si dispose che la chiesa fosse abbellita, che la sacrestia fosse ampliata e che un vestibolo fosse eretto davanti alla chiesa. Nel corso del XVII secolo tutta la chiesa venne rialzata e tale lavoro è visibile lungo tutto il margine esterno della chiesa. La chiesa fu restaurata con grandi lavori nel 1637, con il rialzo della navata a botte. All’interno si aprirono quattro cappelle laterali. L’altare di San Pietro Martire, nella seconda cappella a sinistra, appare tutt’oggi nell’assetto datole dal restauro dei 1637, anche se il culto in Valsolda si è propagato fin dal 1252, quando fu ucciso dai catari. L’ancona d’altare raffigura una Pietà con San Domenico col giglio e San Pietro Martire nell’atto di essere trafitto di Camillo Procaccini. Giovanni Battista Lezzeni eseguì tutti gli stucchi della cappella. La prima cappella di sinistra è dedicata all’Angelo Custode a partire dal 1703 ed è ornata dalle pitture di Giovanni Battista Pozzo e dalle quadrature di suo fratello Carlo Antonino, dipinte fra il 1700 e il 1702. La seconda cappella di destra, dedicata alla Beata Vergine, fu riedificata nel 1622 e dotata di una statua lignea coeva, ora in navata, sostituita da una novecentesca. La cappella è illuminata da un gioco di luce berniniano. Tommaso Bellotti da San Mamete dipinse le figure dei Ss. Lucia, San Giovanni Battista, S. Giovanni Evangelista, S. Caterina d’Alessandria. Tommaso Bellotti firmò anche le quattro figure in controfacciata (oggi dietro l’organo) dei Ss. Mamete e Agapito e due angeli. La cappella della Beata Vergine fu terminata nel 1662 con la decorazione a stucco. La prima cappella di destra, con tela secentesca con Lo Sposalizio della vergine, fu la cappella gentilizia dei Bellotti, famiglia di architetti e artisti originari di San Mamete e attivi in Polonia e a Torino: nel 1744 Pietro Bellotti fece collocare la lapide in marmo broccatello al sepolcro di famiglia, in memoria del padre Giovan Pietro e degli antenati. L’arco trionfale con La Cacciata di Adamo ed Eva, dipinto da Carlo Pozzo da Puria, ci introduce al presbiterio rettangolare e presenta una copertura con volta a vela con un altare maggiore in sontuosi marmi misti, sormontato da un tempietto di gusto neoclassico per l’adorazione delle Quarant’ore e due statue di Giuseppe Peverelli da Como del 1780. La parete laterale destra del presbiterio presenta il Martirio di S. Agapito, dipinto in stile procacciniano da Salvatore Pozzo da Puria attorno anni ’40 del Seicento, su committenza del parroco di San Mamete don Federico Pozzo, ritratto a mezzo busto e in posa umile (con una mano sul petto) sul lato destro inferiore della composizione. Degne di nota sono le due sagrestie: la prima presenta un tabernacolo a muro quattrocentesco scolpito nello stile di Andrea Bregno da Osteno; la seconda, detta sagrestia nuova, presenta un grande mobile settecentesco in noce e una serie di ritratti caravaggeschi di Gesù e dei Dodici Apostoli. La volta questa locale fu affrescata entro una cornice a stucco da Marc’Antonio Pozzo, secondo di questo nome, con una Gloria di Sant’Agapito. L’organo del XIX fu costruito dalla ditta Giuseppe Franceschini di Crema. All’inizio del Novecento la chiesa fu decorata da Battista Pedrazzini e dal figlio, con la decorazione della volta e il ritocco delle pitture della prima cappella di destra e degli affreschi della volta del presbiterio e della parete sinistra dello stesso.