Sul sedime di un piccolo oratorio del Basso Medioevo, sorse a Cima una piccola chiesa medievale, il cui abside corrispondeva alla cappella del Rosario della chiesa attuale. Nel corso del XV secolo l’oratorio fu abbattuto per costruirvi la chiesa odierna della Purificazione di Maria. Nel 1582, in occasione della seconda visita pastorale di San Carlo Borromeo, arcivescovo di Milano, l’8 agosto la chiesa fu eretta in Parrocchia, facente parte della diocesi di Milano, in base all’atto rogato dal notaio Scotti alla presenza del cappellano di Cima e rettore di San Giorgio don Simone Fontana.
Gli esterni e il campanile presentano ancora forme semplici della fine del Cinquecento, mentre solo il pronao è un’aggiunta barocca.
Dai ruderi del Castello di San Michele di Cima fu tolta una lastra gotica rettangolare e murata sul lato meridionale della chiesa. Rappresenta il Leone di San Marco nella versione apocalittica con il libro chiuso stretto in un fermaglio. Un fiorellino sboccia dalla zampa posteriore. Alla destra compare lo scudo, stemma di Milano (ma la scritta Libertas sullo scudo fa pensare a Como). A sinistra uno stemma a due chiavi, identificato con quello della nobile famiglia Sampietro di Menaggio. È databile alla fine del Trecento o inizio Quattrocento.
Per i 170 anni precedenti al Seicento, l’unica cappella laterale della chiesa era quella oggi dedicata del Rosario. Soltanto all’inizio ‘600 furono aperte due cappelle ai fianchi della cappella maggiore o presbiterio. Oggi le cappelle laterali sono quattro.
Nel 1604 il pittore Giuseppe della Corte, forse originario di Cima ma trapiantato a Verona, dipinse la tela della Madonna col Bambino nella cappella sinistra, detta di San Francesco d’Assisi. In basso nella tela sono raffigurati i donatori, membri della famiglia Muttoni, ritratti a mezzobusto.
Nel 1606, dagli Atti della visita pastorale del cardinale Federico Borromeo, si evince che la cappella più importante della chiesa a questa data è già dedicata alla Beata Vergine del Rosario. Il titolo è stato assunto nel quarantennio precedente (1560–1600) dopo essere stata dedicata a San Pietro Martire, Santa Caterina da Siena e S. Antonio Abate. La cappella del Rosario risultava già molto simile all’attuale aspetto dalle descrizioni di Federico Borromeo, tranne che per alcune suppellettili, andate disperse nel tempo, ossia due statue lignee di Santa Caterina da Siena e San Domenico di Guzman, quattro angioletti in legno dorati. Sopra l’altare era collocata la tela votiva della famiglia Muttoni di Cima, oggi posta nel sovrapporta laterale.
La seconda cappella di destra, dedicata a Sant’Antonio, presenta una pregevole decorazione a stucco secentesca e una tela coeva con l’effige del Santo titolare.
Dopo la canonizzazione di San Carlo Borromeo (1610) fu eretta la cappella a lui dedicata (prima a sinistra), decorata con stucchi e affreschi nel 1617 e con una tela del 1758, donata nel mese di febbraio la tela dell’Ascensione di San Carlo dai fratelli Giovanni e Sebastiano Gobbi, cugini del parroco don Giobatta II Gobbi.
La navata unica della chiesa presenta anche un’interessante volta affrescata dai pittori Pozzo valsoldesi, ma piuttosto ridipinta e oggi di mano di difficile interpretazione.
L’organo della chiesa è ascrivibile alla seconda metà del XVII secolo e realizzato da un costruttore ignoto, sicuramente lombardo, forse milanese. La fabbriceria di Cima deve averlo comprato in seguito forse a qualche soppressione giuseppina o napoleonica, e in questo periodo era cosa abbastanza comune trovare buoni affari per arricchire le chiese con organi di seconda mano.
Nel 1759 Donato Carloni divenne parroco di Cima: egli era figlio del pittore Carlo Innocenzo originario di Scaria Intelvi. Fu proprio questo parroco a chiamare il padre ad affrescare il presbiterio con L’Ultima Cena, L’Adorazione dei Magi e L’assunzione della Vergine nel periodo 1759–68. L’altare maggiore presenta una tela con la Candelora o Purificazione di Maria, un lavoro attribuito a Rocco Comanedi di Cima come lavoro a quattro mani insieme al suo maestro Carloni. Questa tela sostituisce la precedente dei Pozzi, oggi nel Santuario della Caravina a Cressogno di Valsolda. Di Carlo Innocenzo Carloni da solo è anche l’affresco della volta in sagrestia con L’immacolata e Dio Padre.
Nel 1914 la chiesa venne dotata di 3 campane in Sol fuse dalla ditta Bianchi di Varese.
Nel 1958, in suffragio dei caduti in guerra venne creata la grotta della Madonna di Lourdes, posta all’esterno del pronao, promossa da don Angelo Magnoni e costruita in sette mesi di lavoro da Amedeo Ortelli, Ambrogio Tencalla, Paolino Pirracini, Mario Selva, costata 558.800 lire del tempo.
Sulla facciata dell’oratorio furono murate la lapidi dedicate ai caduti delle guerre mondiali.
La grotta viene inaugurata alla presenza di Monsignor Ennio Bernasconi. Nel 1967 Monsignor Luigi Oldani consacrò l’altare o mensa versus populum, come da disposizione del Concilio Vaticano II, realizzato su progetto di Gaetano Banfi, ponendovi le reliquie dei Ss. Martiri Nabore, Felice e Massimo.